Innovazione

Le cozze come il maiale, non si butta via niente: sedie, vasi e poltrone create con i gusci

Al via in Italia un progetto che sta mettendo a punto nuovi metodi per riutilizzare le conchiglie di questi mitili, che hanno lunghissimi tempi di smaltimento

Del maiale non si butta via niente. A quanto pare ora questo adagio potrà ritenersi valido anche per le cozze. Sì perché i gusci di questi mitili, amatissimi dagli italiani che li usano per preparare i piatti più disparati, dal sautè alla pasta, potranno essere utilizzati per creare materiali con ci produrre gli ogetti più disparati, dalle sedie, ai vasi e alle poltrone. Secondo Fedagripesca-Confcooperative, questa filiera in Italia al momento vale una decina di milioni grazie ad una produzione di oltre 63 mila tonnellate l'anno, coprendo i due terzi del fabbisogno comunitari.

Ma adesso si stanno cercando nuove vie sostenibili per ridurre al massimo gli scarti, visto che il guscio è di pietra calcarea, materiale non solo non biodegradabile ma con lunghissimi tempi di smaltimento. Un progetto sperimentale adesso trasforma gli scarti della lavorazione in sedie, poltrone, plafoniere e vasi. Un modo per trasformare rifiuti potenzialmente dannosi per gli ecosistemi costieri, comprese le classiche retine per allevare questa specie. L'iniziativa, fa sapere Fedagripesca, è della Fondazione Medsea sarda nell'ambito del progetto Maristanis e Nieddittas, l'azienda che gestisce l'intera filiera dell'allevamento delle cozze nel Golfo di Oristano, insieme ai laboratori del Blue Eco Lab specializzata in recupero dei rifiuti in mare. Trarre ricchezza dai gusci è anche una delle linee di ricerca del progetto europeo B-Blue, incentrato proprio sull'utilizzo degli scarti come mangimi, ottima fonte di calcio nella zootecnia e per trasformarli in additivi naturali per la terra.

Gli studi, ricorda Fedagripesca, finanziati dal programma internazionale biterreg Med e dal Fondo di sviluppo regionale europeo con 1,5 milioni di euro e coordinati dall'Enea, prevedono azioni pilota nelle Marche e nella Puglia. Non ultimo il caso della Liguria, dove la cooperazione è impegnata in un progetto per 'salvare' gli impianti di mitilicoltura del Golfo di La Spezia dalle orate, grandi appassioniate di questo mitile Con la supervisione scientifica del Mipaaf e nel pieno rispetto della sostenibilità, un pescatore subacqueo professionale cattura le orate e allo stesso tempo funge da dissuasore nell'area degli allevamenti, diventando un vero e proprio spaventapasseri dei mari. Orate alle quali però è permesso di nutrirsi con gli scarti di cozze rotte o non commerciabili per motivi estetici, riciclando così uno scarto. Oltre a polpa e guscio, si può riciclare anche il bisso, il filamento che consente alle cozze di attaccarsi alle superfici di rocce o scafi delle navi. Si tratta di una fibra tessile da cui si ricavano tessuti già da tempo nel Mediterraneo, chiamata 'la seta del mare.


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